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Covered warrant: quali variabili incidono sul prezzo

Sono almeno cinque, con effetti non sempre prevedibili

di Mirco Leonelli
Chi si è avvicinato da poco al mondo dei covered warrant si sarà sicuramente sorpreso davanti a fasi in cui questi strumenti reagiscono in modo inatteso di fronte a variazioni del prezzo del sottostante. In altri termini coloro che credono, per esempio, in un futuro rialzo dell’azione che si “cela” dietro al CW acquistato e, di riflesso, hanno comperato un CW call sulla stessa, possono rimanere spiazzati qualora, al termine di una seduta di borsa, a fronte di un eventuale rialzo dell’azione il prezzo del CW call resti invariato o scenda.

Questo può accadere in quanto il prezzo della vostra opzione cartolarizzata non si muove solo in funzione del prezzo del sottostante, ma anche in funzione di altre cinque variabili: la volatilità attesa del sottostante, la vita residua del CW, il tasso di interesse risk free (ossia il tasso di mercato riconosciuto dai debitori con rischio di default bassissimo), il rendimento atteso (es. dividendi) del titolo sottostante e lo strike price (prezzo di esercizio).

Questi possono essere considerati come degli input che inseriti in software basati su modelli matematici di calcolo al quanto complessi, producono un valore teorico del covered warrant in esame. A parità di altre condizioni è infatti sufficiente che cambi uno solo dei fattori sopra riportati affinché il valore teorico di un CW si modifichi. Uno dei primi modelli teorici sviluppati per trovare il valore non solo di un CW ma di una generica opzione è il modello di Black-Scholes dal nome dei due matematici che lo idearono. Si tratta di una sorta di evergreen sempre in auge, al quale si affianca il modello di Cox-Ross-Rubenstein o modello binomiale. I risultati di questi modelli vengono presi come punto di partenza per l’operatività degli operatori qualificati che giornalmente operano su questi strumenti.

Il mercato in realtà è un’altra cosa rispetto alla teoria in quanto tale, ma quest’ultima fornisce comunque un ottimo punto di partenza (pur non essendo garanzia di profitto). Il modello di Black – Scholes in particolare è molto conosciuto e usato in tutto il mondo dei derivati, dalle ISO ALPHA (opzioni su azioni) alle Opzioni su FTSE/MIB (opzioni sull’indice di borsa italiano) fino ad arrivare alle opzioni su cambi.

Dall’analisi di tale modello si può evincere l’effetto (positivo o negativo) che un aumento di una di queste variabili (tenendo fisse le altre) provoca sul valore teorico del CW (o dell’opzione) in esame. Variazione che cambia a seconda che la nostra opzione sia call o put. 

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Fermo restando quanto sopra, risulta di fondamentale importanza per un operatore che si avvicina a questo mercato capire non solo il segno positivo o negativo provocato da un aumento di una delle variabili, ma soprattutto misurare di quanto il prezzo del CW varia di fronte al cambiamento della stessa. Siamo entrati nel mondo delle “greche”, indicatori che prendono il nome dalle corrispondenti lettere dell’alfabeto greco: Delta, Gamma, Theta, Vega, Rho, Phi. Un mondo che caratterizza però nello specifico tutto il panorama delle opzioni (non solo io CW).

Mirco Leonelli
mircoleo@libero.it  



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