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Gli errori di previsione dell'andamento dei mercati

di Manuela Tagliani
In uno studio di Kenneth L. Fisher e Meir Statsman dell'autunno del 2000, gli errori di valutazione e classificazione vengono applicati alle previsioni dell'andamento di mercato fatte dagli analisti. 

L'ipotesi che i due autori vogliono verificare è se, a partire da dati relativi al rapporto prezzo/utile, dividendo e rendimenti, sia possibile fare previsioni a cinque-dieci anni.

Dato che, come già osservato da Kahneman e Tverski nel 1973, le persone tendono ad avere più sicurezza dei propri mezzi quando si tratta di fare valutazioni partendo da dati conosciuti, l'illusione di validità si presenta in tutta la sua forza anche quando le persone che ne fanno esperienza sono professionisti.

Gli errori di valutazione più comuni che si presentano sono l'eccessiva sicurezza, l'illusione della conferma, l'errore di rappresentatività, l'ancoraggio e l'errore del giudizio retrospettivo.

Tutti questi errori, che abbiamo spesso analizzato, portano gli analisti ad attaccarsi a determinati dati e cifre e a ritenere che quelle possano essere quelle esatte per prevedere andamenti futuri.

Ma quali sono i rimedi per le illusioni cognitive?

Chi mette in pratica l'asset allocation tattica mette in evidenza gli strumenti quantitativi, mentre chi segue il tradizionale market timing sceglie gli strumenti qualitativi. Ogni strumento di previsione è soggetto a illusioni, e ognuno avrebbe bisogno di un rimedio.

Gli strumenti statistici di asset allocation tattica hanno già in sé i rimedi per gli errori cognitivi. Per esempio, secondo lo studio di Fisher e Statman, l'analisi della regressione ci protegge dall'eccessiva sicurezza fornendo degli errori standard delle regressioni. Protegge dall'inclinazione alla conferma includendo tutti i dati, cercandone sia la conferma sia la confutazione. Tuttavia gli strumenti statistici hanno insiti delle anomalie, anomalie che richiedono un'applicazione attenta e un'interpretazione giudiziosa.

Campbell e Shiller in uno studio del 1998, Valuation ratios and the long-run Stock Market outlook, illustrano la protezione data dagli strumenti statistici e le loro anomalie. Hanno scoperto, nell'analisi della regressione, una relazione, negativa ma significativa, tra i rapporti p/e e il dividend yield e di conseguenza il risultato sui rendimenti a dieci anni.

Campbell e Shiller mettono in guardia dal pericolo dell'eccessiva sicurezza. Prima di tutto notano che il p/e del 1998 (ultimo anno analizzato) e gli indici dei dividendi sono così lontani dalle medie storiche che mancano dati storici paragonabili. Inoltre notano che mentre usano una regressione lineare nella loro analisi, la vera relazione tra gli indici di valutazione e i rendimenti futuri potrebbe non essere lineare. 

Infine i due autori mettono in guardia dall'errore di giudizio retrospettivo. Notano che, se si subisce l'hindsight bias, si scelgono indici di valutazione che prevedono rendimenti anche se questi indici non sono stati presi in considerazione in passato.

Gli strumenti statistici sono molto utili, vi permettono di estrarre pattern sistematici dal passato. Ma il mondo non torna sempre a distribuirsi attorno alla sua media storica e i pattern futuri potrebbero anche rompere con la tradizione. Non a caso se doveste firmare un contratto con una società di gestione, la prima frase che leggereste sarebbe " non vi è garanzia di uguali rendimenti nel futuro". Come dire…ci speriamo ma non abbiamo la prova che sia così.

Inoltre gli strumenti statistici funzionano meglio con dati che possono essere quantificati e registrati per periodo di tempo molto lunghi. Questa conditio sine qua non ci porta a escludere dati potenzialmente rilevanti come per esempio i cambiamenti nell'ambiente politico e lo stato della conoscenza in campo economico.

Le considerazioni sui dati qualitativi sono un punto di forza nel market timing tradizionale, ma la natura di questi dati e la loro interpretazione apre la porta alle illusioni cognitive. Per esempio, in assenza di situazioni che obblighino a considerare tutti i dati, l'inclinazione alla conferma permette l'esclusione di dati non coerenti con una determinata ipotesi e l'interpretazione di dati dubbi che invece sono coerenti con la nostra ipotesi. 

Ma sappiamo, ormai da diverse fonti, che la ricerca della conferma a un'ipotesi, e non la ricerca della verdicità di un'ipotesi, è alla base degli errori di valutazione che commettiamo. Inoltre le inclinazioni cognitive possono essere amplificate dalle emozioni, in particolare dal rimpianto.

Manuela Tagliani

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