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Conoscere le proprie debolezze...

Il rischio di essere troppo sicuri: non capire più il mercato

di Daniele Valsecchi
Tra i teorici del mercato di matrice efficientista circola la tesi che si tratti di un ambiente assolutamente razionale, dove le persone tendono a raggiungere il massimo guadagno sfruttando al meglio le proprie competenze cognitive, senza lasciar spazio a lacune di origine emotiva ed irrazionale.

Il decisore razionale è capace di elaborare immediatamente tutte le informazioni che giungono dai mercati e dall'esterno, traendone la migliore soluzione. Inoltre, tutti gli operatori di Borsa tenderebbero ad agire nello stesso modo, poiché hanno le stesse informazioni e le gestiscono nella maniera più razionale possibile. 

Riflettendo su queste posizioni, ci accorgiamo come si scontrino contro la realtà che ogni giorno ci offre il mercato. Basti pensare che se tutti gli operatori agissero con gli stessi tempi e modi, non avrebbe alcun senso tentare di guadagnare in Borsa, visto che le mosse da fare risulterebbero evidenti per chiunque. Essendo la Borsa un 'gioco' (un gioco d'azzardo?) a somma zero, quando qualcuno guadagna qualcun altro perde, e questo può avvenire perché le scelte sono assolutamente eterogenee tra i diversi investitori. 

Il mito dell'assoluta razionalità viene confutato dagli stessi operatori professionisti, che raccontano di situazioni in cui le scelte sono state effettuate in base all'istinto, ad un effetto di gruppo, o ad altre variabili di origine emotiva. Proprio dal mondo degli investitori è giunta la richiesta di una tipologia di studi, a cavallo tra finanza, psicologia ed empirismo, che permettesse di sviscerare le irrazionalità sistematiche, al fine di conoscerle e di saperle controllare. 

Evidenziare quelli che possono essere i nemici nascosti dell'investitore, visto che nascono dallo stesso investitore, può risultare estremamente utile, non tanto per eliminare gli errori - cosa impossibile, a meno che non crediamo all'uomo computazionale - ma per renderli meno sistematici.

I casi di studio riportati sono basati su operatori professionisti, persone con esperienza e capacità, eppure incapaci di controllare completamente la propria emotività. Il monito è: di non ritenersi inattaccabili da comportamenti irrazionali. Inoltre, un eccesso di sicurezza costituisce una delle cause determinanti possibili grosse perdite, anche da parte di investitori molto capaci.

La paura è un capitolo a parte poiché costituisce un nemico tra i più insidiosi di chi opera in Borsa. Infatti l'investitore deve gestire il timore di lasciarsi sfuggire occasioni favorevoli, causa di acquisti che nel lungo periodo non si rivelano così azzeccati come si immaginava. Tipica è la reazione all'emissione di nuovi titoli: inizialmente i prezzi sembrano bassi, c'è la speranza di avere in mano una carta vincente ed il timore di lasciarsela sfuggire, così vi è un iniziale rialzo, un momento di riscontro delle idee positive sul titolo. Ma, dopo questa iniziale euforia, spesso ci si accorge che il rialzo è stato esagerato, ed il valore dell'azione tende a ristagnare.

Un comportamento simile è quello legato alla 'losing out fear', la paura di rimanere tagliati fuori da situazioni particolarmente favorevoli. Chi non ha comprato in un momento di forte rialzo, si sente frustrato dal proprio ritardo nell'agire, e di conseguenza agisce proprio in ritardo, acquistando quando ormai il rialzo è già giunto al suo picco! Molti investitori che non avevano approfittato del secondo semestre '97 per effettuare grossi guadagni, si sono poi decisi a comprare in primavera, sommando quindi un pentimento (non ho guadagnato quando altri lo facevano) ad un altro (ho comprato quando non dovevo).

Un rischio che si ricollega a quello precedente, ma che può essere generalizzato, è quello del circolo vizioso. La frustrazione per un errore effettuato, per una scelta non tempestiva, possono portare ad un desiderio di rivalsa immediata, all'agire con impazienza per recuperare le perdite subite. Questo atteggiamento ovviamente riduce l'oculatezza delle scelte, facilmente porta a nuove sconfitte, che non faranno altro che aumentare l'irritazione e la ricerca della riscossa.

La paura di non saper cogliere le occasioni non riguarda solamente il mancato timing nell'entrare nel mercato, ma anche il quando uscire dal mercato. Il timore di non saper cogliere i segnali giusti può spingere a vendere quando ci sono ancora margini di miglioramento, innescando magari proprio il processo di frustrazione sopra descritto.

Bisogna fare attenzione anche a non essere troppo bravi! Il paradosso nasconde una verità importante, che spesso ha portato alla rovina di ingenti fortune e geniali uomini d'affari. 

Il successo può portare ad un senso di invincibilità ed onnipotenza, il che porta ad effettuare scelte estremamente rischiose ed avventate. 

Operatori che indovinano una serie di decisioni, possono tendere a sopravvalutare i propri istinti, ritenendosi ormai in grado di cogliere l'andamento del mercato perfettamente. La rigidità narcisistica, aiutata da un ambiente fortemente competitivo, porta l'investitore ad irrigidirsi nei propri schemi, senza saper cogliere la flessibilità delle situazioni, ed agendo quindi un momento dopo e non un momento prima. 

Ferrari, nel libro da noi segnalato 'Mente e denaro', scritto insieme a Romano, fa notare, a pag.322, come 'a rischio sono gli investitori con precedenti successi in altri campi, molto ottimisti e sicuri di sé, che, soprattutto dopo qualche rinforzo iniziale, si irrigidiscono sui loro schemi di investimento e sulla loro visione degli eventi, anche se smentita dai fatti'. 

Le agenzie finanziarie sono ben consapevoli di questo rischio, ed a volte obbligano i propri operatori particolarmente vincenti a periodi di vacanza, al fine di non far crescere il senso di onnipotenza. Il convincimento di aver trovato la formula magica per guadagnare in Borsa, la chiave di volta che permette di far fronte ad ogni situazione, è stata la rovina di menti brillanti, ma che non si sono più sforzate di cogliere i segnale esterni e di interpretarli con flessibilità, bensì applicavano ad ogni situazione lo stesso modello, spesso nell'assurdo tentativo di dimostrare la propria superiorità.

La paura di non essere capaci di capire il mercato, e la convinzione di capirlo fin troppo bene, sono quindi due elementi di cui è meglio tenere conto. Non vogliamo preoccupare gli operatori, né spingerli ad autoanalizzarsi in ogni momento, ma semplicemente metterli in guardia da nemici insidiosi, dato che sono nascosti nei comportamenti di ognuno di noi.

Daniele Valsecchi
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